Scissione PD, le motivazioni di Bersani

Come sicuramente saprete, già da qualche tempo il Partito Democratico ha visto una grossa fetta dei suoi iscritti lasciare il gruppo. Fra questi spiccano nomi come Pierluigi Bersani, Massimo D’Alema e molti altri. La separazione era già nell’aria da parecchio tempo a causa dei contrasti con l’amministrazione Renzi mai del tutto sopiti e sfociati in massa dopo il fallimento del Referendum di dicembre.

La scissione ha dato quindi origine ai “Democratici e Progressisti”, che raccoglie tutti gli esuli del partito democratico nel tentativo di creare un centro sinistra alternativo a quello Renziano accusato in più riprese di tendere troppo verso destra.

In una recente intervista Bersani ha spiegato le proprie ragioni per la scelta di abbandonare il partito e alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se questa scissione non fosse una resa alla destra e al movimento 5 stelle di Beppe Grillo, ha risposto: “Il Pd di Renzi non è in grado di organizzare un centrosinistra largo. E senza un centrosinistra largo vince la destra e vince Grillo. Il Pd da solo perde, io lo so da due anni, si è visto alle amministrative. Io faccio quello che faccio al fine di battere la destra”.

Alcuni gli hanno anche chiesto se lo strappo fosse stato evitabile e Bersani ha detto: “Speravo fosse possibile riprendere per i capelli la situazione con un percorso vero e serio che consentisse una discussione profonda in futuro, con una correzione di linea nell’azione di governo. Ma invece niente, si va dritti, dritti, dritti”.

Rimane da vedere come i Democratici e Progressisti gestiranno le nuove alleanze, che si vocifera essere già in crisi per la decisione di sostenere o meno l’attuale governo Gentiloni, poiché ritenuto da alcuni una fotocopia del governo Renzi.

Alfredo Kaseddu Autore

Cuore cagliaritano ma animo giallorosso. Scrivo di cronaca locale e sono corrispondente di "La nuova Sarda" da Roma per la politica. Laico, come la Capitale dopo il 1870.

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